I Tarocchi della Murgia

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Non ci sono dati certi sull’origine delle carte da gioco occidentali, i primi indizi della loro esistenza cominciano a comparire in documenti risalenti alla fine del XIII secolo. La teoria generalmente accettata è che le carte dei tarocchi derivino dall’aggiunta dei trionfi al normale mazzo di carte da gioco. Il primo riferimento alla loro esistenza sono un paio di citazioni nei registri della corte estense di Ferrara del 1442, ulteriori riferimenti compaiono in annotazioni del 1452, 1454 e 1461. Un’altra prima testimonianza è l’affresco Il gioco dei tarocchi in uno dei cortili interni di Palazzo Borromeo a Milano, di attribuzione incerta e datato alla fine degli anni quaranta del XV secolo. Oggi il mazzo dei Tarocchi comprende 22 carte chiamate Arcani Maggiori e 56 carte, dette Arcani Minori.
Vito Matera, viene considerato da Lino Angiuli, un’estrosa macchina inventiva originale, capace di far parlare a briglia sciolta l’enfant terrible che tiene nascosto dentro la matita. Terrible, oltre che sapiente, visto che il suo pallino è quello di mettersi a ribaltare-rovesciare le leggi della realtà, a cominciare da quella di gravità.
Vito Matera nei suoi Tarocchi della Murgia, come ci dice Raffaele Nigro, interpreta gli Arcani maggiori nella chiave di giocosità solare che gli è propria. Matera è per Nigro un pittore chiarista volante sfottente sognante espressionista fumettante guizzante illustrante e ironico. Un po’ Chagall e un po’ Bueno, un po’ Pericoli ma anche Grosz.
Matera per Rosa Capozzi, curatrice della mostra, usa un linguaggio poetico e giocoso per rappresentare il mondo contadino e un mondo che non c’è più. I Tarocchi della Murgia vengono dopo “Il Mercante della Murgia” di Ginetto Guerricchio ma sono decisamente un’altra cosa, per i colori, per i suoi personaggi e per il modo tutto personale di vedere i luoghi, le tradizioni, la storia.