CORATO AI TEMPI DELLA REGINA GIOVANNA I D’ANGIÒ
Il Chronicon de rebus in Apulia Gestis di Notar Domenico da Gravina, il cui manoscritto autografo è conservato presso la Biblioteca Nazionale di Vienna, è stato composto a metà del 1300 e prende spunto da uno dei gialli più appassionanti della storia medievale del Mezzogiorno: l’assassinio di Andrea d’Ungheria, primo marito della regina Giovanna I D’Angiò. L’opera è la cronaca degli avvenimenti accaduti tra il 1333 e il 1350 nel Regno di Napoli e, in particolare, su gran parte del nostro territorio, la vasta area che dalla Terra di Capitanata giunge sino alla Terra di Bari che, oggi, è compresa nell’area dell’Alta Murgia. Città, castelli, tra cui Castel del Monte, costruito solo un secolo prima, casali e abbazie disseminate tra ulivi, boschi, colline, fanno da straordinario scenario alle storie di re, principi, conti, duchi, capitani di ventura, mercenari, tutti protagonisti di uno tra i più sanguinosi e devastanti conflitti avvenuti nel Regno di Napoli sotto il governo dei D’Angiò, di cui eravamo all’epoca territorio. Oggi di quello scenario rimangono notevoli testimonianze storiche ed architettoniche, alcune ancora visibili, altre ridotte a ruderi. La prima parte della Cronaca, scritta nel 1349 a Bitonto (dove Notar Domenico si era ritirato esule insieme alla sua famiglia), è incentrata sui fatti accaduti tra il 1333 e il 1348, dal matrimonio tra Giovanna d’Angiò e Andrea d’Ungheria fin dopo l’eliminazione del duca e la vendetta di suo fratello re Luigi, venuto in Puglia con un poderoso esercito per rivendicare il regno. La seconda parte, scritta alla fine del 1350 o all’inizio del 1351, narra gli avvenimenti del triennio 1348-1350 ed è dedicata soprattutto alla situazione pugliese e alla ricostruzione delle vicende locali in cui lo stesso Notar Domenico, filo ungherese, assunse una posizione di rilievo partecipandovi direttamente. La città di Corato è citata diverse volte e se ne racconta la sorte nelle alterne vicende del conflitto. Notar Domenico partecipa anche all’assedio di Corato da parte degli ungheresi e descrive il coraggio dei coratini, che si batterono strenuamente per difendere la loro città. Egli scrive: E a dire proprio il vero, non vidi mai combattenti così al massimo dello sconforto, incuranti dei lanci di pietre dei trabucchi e delle baliste; ma se per caso uno per un colpo cadeva, un altro combatteva al suo posto.
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