L’evento rientrante tra le manifestazioni delle “Giornate Europee del Patrimonio 26-27 Settembre 2020” promosse dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (https://www.beniculturali.it/GEP2020), mirava alla riappropriazione della memoria storica e collettiva del patrimonio, attraverso la valorizzazione identitaria dei paesaggi, nella loro complessità, varietà, identità e tipicità, nonché alle loro connotazioni storico-culturali, religiose e naturalistiche, richiamando i benefici che derivano dalla trasmissione delle conoscenze alle nuove generazioni. Ricostruire gli ambienti del passato è un’impresa affascinante quanto difficile. Gli studiosi si servono di numerose discipline per giungere ad una definizione più fedele possibile del paleoambiente attraverso la combinazione di dati archeologici, dati storico-documentari e verifica diretta sull’ambiente. Con questo metodo, rigoroso e scientifico, più si va indietro nel tempo e maggiori sono le difficoltà che si incontrano nel ricostruire la dinamica dell’evoluzione. Con la ricerca diretta sul campo dei tratturi e dei percorsi transumanti locali dei suoi processi di formazione e di degrado dei depositi archeologici, l’ambiente viene ricostruito nel suo habitat naturale, in continua evoluzione, per offrire un quadro globale di ciò che è accaduto e di ciò che accadrà nel futuro. Partendo dal territorio di Corato e dai resti materiali di recinzioni, trulli e viabilità, possiamo avere un quadro globale del Passato e le ragioni della sua evoluzione o del suo degrado. Questo metodo, inizia appunto dalla cosiddetta historical ecology, che ha trovato nell’archeologia estensiva il suo più grande sviluppo; da qui nascono considerazioni attraverso una serie di analisi “concrete” di manufatti, chiese, luoghi e punti notevoli, i quali sono unici testimoni dei mutamenti o della permanenza di certe forme insediative. In questa dinamica si comprende il rapporto fra risorse rurali agro-silvo-pastorali, in una interconnessione storica e ambientale dove tutti gli elementi concorrono a storicizzare il paesaggio a renderlo nella forma attualmente a noi visibile. Un contributo di grande prestigio a questo metodo di ricerca si deve innanzitutto ai fondi conservati nelle biblioteche locali, pubbliche e private, e negli Archivi di Stato, i quali hanno dimostrato, ancora una volta, di conservare tesori documentari immensi e ancora inediti.Le collezioni cartografiche e manoscritte hanno rivelato ulteriori aspetti della geografia politica ed economica delle province storiche di Abruzzo, Molise, Capitanata, Terra di Bari e Terra d’Otranto in età moderna e contemporanea.
Uno dei principali interessi su cui il meeting di sabato 26 si è focalizzato, infatti, è lo studio del territorio che va dall’Abruzzo al Molise e dalla Campania e Basilicata in direzione della Puglia, luogo della Dogana delle pecore, l’attività transumante che dalla preistoria sino dal XX secolo ha conservato aspetti tipici che mostrano a volte, con forte evidenza, le profonde e radicali trasformazioni subite dalla realtà urbana e rurale in relazione ai fenomeni di antropizzazione, che hanno in parte deturpato una terra di grande bellezza e suggestione. Attraverso gli elementi che caratterizzano la struttura geoidrografica, archeologica ed insediativa, si sono ripercorsi territori unici nelle grandi partizioni del paesaggio naturale e agrario evidenziando per ogni periodo le figure territoriali di riferimento.
E’ in questo contesto che l’Archeoclub di Corato ha presentato il suo primo volume dal titolo: “Le ultime tombe preistoriche delle Puglia e la Necropoli di Contrada San Magno”. Quanto rappresentato nel corso del meeting si è concretizzato domenica 27, attraverso un trekking, a piedi ed a cavallo, per il territorio di Corato (tratturi Barletta-Grumo e Corato-Fontanadogna) attraversando boschi residuali, necropoli protostoriche, boschi medievali, fortezze tardoantiche, pozzi e cisterne, con partenza e rientro dalla masseria San Magno di Francesco Cimadomo.
Tutto questo immenso patrimonio è degno di essere salvaguardato, indagato, scoperto, conosciuto e valorizzato perché non diventi solo “meta” dei turisti della domenica, ma beni mondiali che hanno segnato una civiltà scomparsa che, probabilmente, non potrà mai più tornare. Una parte di questo lavoro è inclusa in un progetto più ampio sulla viabilità antica che raccoglie tutto il materiale, di prossima fruizione, a livello nazionale composto da unità fotografiche, topografiche e documentarie di una ricerca ultradecennale, il cui particolare interesse è costituito dalla schedatura di insediamenti urbani e rurali sia pugliesi che extraregionali.