“DOLMEN…. NON SOLO PIETRA. Tracce di un passato lontano e spesso dimenticato”.

Il grande fenomeno dell’architettura megalitica, nella preistoria europea, si sviluppò attraverso un lungo arco di tempo. Man mano che le documentazioni si moltiplicavano e si chiarivano sequenze regionali e problemi di interrelazioni più generali, i dolmen ricoprivano una parte di primo piano nella preistoria dell’Europa occidentale. Le somiglianze tra i monumenti megalitici dalla penisola iberica alla Danimarca, dalle Orcadi al mediterraneo emergevano sempre più chiaramente. I più antichi monumenti della penisola iberica e della Francia furono costruiti sullo scorcio del V millennio, i più recenti, come ad esempio quelli dell’Italia meridionale, sono datati in gran parte alla metà del II millennio a.C.  I tremila anni che vanno dal 4500 circa al 1500 a.C sono stati tra i più densi di avvenimenti nella preistoria europea. I dolmen nella Puglia, sono riferibili al II millennio a.C., alla locale età del Bronzo. La Puglia è l’unica regione dell’Italia peninsulare in cui i dolmen sono diffusi e numerosi e le prime segnalazioni e i primi censimenti dei monumenti  risalgono alla seconda metà dell’800. Purtroppo con gli scavi e le prime scoperte iniziarono anche le devastazioni e le ricerche dei tesori. Molti studiosi hanno sottolineano le marcate difformità planimetriche e dimensionali tra la tipologia del “dolmen a galleria”, attestata quasi esclusivamente nella Puglia centrale, e quella del “dolmen semplice”, diffusa unicamente nel Leccese (Biancofiore 1962, 1964; Peroni 1967; Whitehouse 1967; Biancofiore 1973; Jesi 1978: 107-112; Whitehouse 1981; Cipolloni Sampò 1987; Striccoli 1989; Cipolloni Sampò 1990: 146-156; Orlando 1995; Malagrinò 1997).

La tipologia dei monumenti è, pertanto, abbastanza varia: dai dolmen a galleria dell’entroterra di Bari e Taranto, realizzati con grandi lastre e talora con suddivisioni interne della camera, si passa alle piccole strutture rettangolari o poligonali del Salento, per le quali sono stati utilizzati sia blocchi che lastre. A questi due gruppi principali, si aggiungono le cosiddette “piccole specchie”, tumuli di terra e pietre con all’interno una o anche due strutture dolmeniche.  Le strutture del primo gruppo, più imponenti di quelle salentine, sono caratterizzate dalla frequente copertura con accumuli ordinati di terra o pietrame e dalla presenza di un lungo corridoio d’accesso e di partizioni interne della camera sepolcrale riservata alla deposizione degli inumati. Tra le più note, si possono citare: i D. Albarosa, Chianca e Frisari nel territorio di Bisceglie; il D. dei Paladini a Corato; i D. in località Murgia San Francesco, presso Gioia del Colle; il D. di San Silvestro a Giovinazzo.

Ed è a pochi chilometri dalla costa, sui terrazzi pianeggianti delle Murge in stretta relazione con il percorso di alcune lame, importanti direttrici di riferimento nel popolamento della Puglia centrale, che fu eretto il “dolmen dei Paladini”, distante dal dolmen di Albarosa appena tre chilometri e mezzo in linea retta. E’ costituito da una struttura a pianta rettangolare allungata, con orientamento est-ovest, con cella rettangolare coperta sul fondo, e tumulo di copertura di pietrame sciolto. Fu indagato dal Gervasio agli inizi del 1900 e appariva già manomesso e privo del tumulo, ma in miglior stato di conservazione per la presenza di quattro lastroni della galleria, per una lunghezza complessiva di m 7 e di m 1,80 di larghezza. Unico elemento di datazione, in un angolo tra due lastre, è un frammento di vasetto in miniatura con orlo a tesa, in impasto nero, di tipologia appenninica, che conferma la datazione del monumento alla Media età del Bronzo. Dalle foto pubblicate si deduce anche l’interessante presenza di due lastre di pietra, trasversali alla galleria, che la suddividevano in tre scomparti. Un intervento conservativo, a cura della Sopraintendenza Archeologica della Puglia, nel 1984, ha riportato in vista la base residua di alcuni lastroni della galleria, manomessi successivamente al rilievo del Gervasio, probabilmente anche in concomitanza con l’attivazione di una cava di pietra a poca distanza dal sito. Attualmente il monumento si presenta inglobato lateralmente in una bassa muratura a secco di sostegno, eretta per rinforzare la statica dei lastroni verticali. Anche il lastrone di copertura della cella risulta essere stato ricollocato e non più nella sua posizione originaria. Gervasio riferisce, all’epoca del suo intervento, di un’eliminazione da parte dei proprietari del terreno di un accumulo di pietre intorno al dolmen. Interessante in questo caso l’individuazione, ai lati dell’area della galleria, della base del grande tumulo in pietrame benché notevolmente eroso e mal conservato. Saggiato anche a nord e a sud della cella, presentava una forma probabilmente ellissoidale, con un’ampiezza presumibile di oltre m 12, con pietrame disposto con circolarità, a filari di pietre più piccole alternate a grandi. Rarissimi gli elementi archeologici rinvenuti in situ, prevalentemente costituiti da pochi frammenti di impasto, genericamente riferibili all’età del Bronzo.

(Fonti: Flavia Venditti, Luigi Coluccia, Marco Merico, archivio storico Archeoclub Corato).