I misteriosi rilievi di Palazzo Catalano (prima parte)

Le scene di caccia e gli antichi muratori
Studio a cura di Magnini G.(socio Archeoclub) – Pomarico E. (illustrazioni)
INTRODUZIONE
Nel centro storico del comune di Corato, all’incrocio tra via Roma e via La Pergola è presente un edificio denominato palazzo Catalano, come si legge da un’epigrafe posta al disotto di un balcone: [AE]DIFICAVIT ANNO [DNI] 1598 MAGISTER [ANT]ONIVS CATALANVS. Ricostruita e tradotta: Edificato nell’anno del Signore 1598 dal maestro Antonio Catalano.
Il palazzo si colloca all’angolo dell’isolato ed è pertanto visibile su due lati. Il piano terra è rivestito da filari regolari di bugne appena sbozzate, il primo piano è costituito da un’uniforme parato di conci, mentre il secondo piano è rifinito con dell’intonaco.
Il piano terra è diviso dal primo piano da una cornice marcapiano caratterizzata da un bassorilievo narrativo discontinuo per la presenza di due balconi realizzati successivamente, mentre il primo piano è diviso dal secondo da un’altra cornice marcapiano con una iscrizione a caratteri capitali anch’essa non continua per l’apertura successiva di tre balconcini. Il fregio marcapiano, del primo piano, in epoca recente è stato ripassato con calce ed intonaco ed è caratterizzato da una pronunciata ed aggettata cornice, decorata per tutta la sua lunghezza di 12m da elementi vegetali classicheggianti, mentre in basso è delimitato da un cordolo segnato da segmenti trasversali.
Probabilmente in origine il palazzo aveva un solo piano e terminava nella parte superiore con il fregio marcapiano decorato con l’iscrizione a caratteri capitali sovrastato da un cornicione. Alcune porte del piano terra, i due balconi del primo piano e il secondo piano con i tre balconcini potrebbero essere stati realizzati nel 1858, quando l’allora proprietario, che si firmò P.C. restaurò l’immobile, come si evince dall’iscrizione apposta sul portalino in via La Pergola n. 12.
ISCRIZIONE DEL SECONDO PIANO
L’iscrizione a caratteri capitali del secondo piano inizia su via Roma con la scritta TAM SIBI seguita da una curva a forma di C che dovrebbe essere la parte di una lettera troncata a causa dell’apertura del balcone.
La lettera in base alla forma della curva poteva essere o una  O, o una C, o una G oppure una Q. Se si ipotizza che la lettera sia proprio la Q allora la parola potrebbe essere QUAM che si lega molto bene con la parola TAM.
L’iscrizione continua, subito dopo il balcone e fino alla fine della facciata su via Roma, con le parole TANT CONDIDIT AEDES ILLE CATALANVS RARV.
La scritta continua su via La Pergola con S IN ARTE FABER M FABER, fino all’apertura del secondo balconcino. La M di dimensioni più grandi sarebbe l’abbreviazione di Magister.
A causa dell’apertura del secondo balconcino l’iscrizione è stata nuovamente troncata. A seguire troviamo VS CATALANV che corrispondono alle ultime due lettere del probabile nome ANTONIVS seguito dal cognome senza la S finale. Dopo queste parole vi è un lungo vuoto fino alla fine del facciata del palazzo, come se non fosse mai stata terminata oppure come se le lettere fossero stare ripassate con della calce e non cancellata come si era pensato in precedenza, infatti mancano i segni di eventuali cancellazioni o abrasioni.
Quindi la lettura completa dell’iscrizione, con l’aggiunta in base alla lunghezza degli spazi vuoti sia di alcune ipotetiche parole mancanti che di alcune abbreviazioni, dovrebbe essere la seguente: TAM SIBI [QUAM FAMILIAE SUAE] TANT[as] CONDIDIT AEDES ILLE CATALANVS RARUS IN ARTE FABER M[agister] FABER [ANTONI]VS CATALANV[S]. Che tradotta verrebbe: “Edificò per sé e per la sua famiglia una palazzo di tale pregio il noto Catalano Maestro artigiano eccellente nell’arte Antonio Catalano”.
Il termine “FABER”, che nella sua accezione generica ha il significato di “artigiano”, non è escluso che in questo caso possa assumere un significato più ampio comprendendo sia quello di “scultore”, per il suo gusto scultoreo evidente nella costruzione e sia quello di “muratore” o “architetto”, che edificò per sé il palazzo.
Si tratta con tutta evidenza del nome del fondatore del palazzo, un non altrimenti noto costruttore di nome Antonio Catalano, che lo eresse nel 1598.
Il patronimico evoca una lontana origine spagnola, per nulla rara in Puglia: basti pensare al Paolo Catalano da Cassano che firma e data, nel 1504, un trittico in pietra raffigurante la Madonna con Bambino tra i SS. Rocco e Sebastiano nella cappella di San Rocco in Acquaviva delle Fonti.
 IL FREGIO MARCAPIANO DEL PRIMO PIANO
Palazzo Catalano si estende su via Roma per una lunghezza di 5,55m e su via La Pergola per una lunghezza di 10,45m circa, mentre il fregio marcapiano, su via Roma,  misura 3,55m (escludendo i 2m di interruzione del primo balcone) e su via La Pergola misura 8,45m (escludendo 2m di interruzione del secondo balcone). Per semplificare la lettura iconologica, tutto il fregio marcapiano di palazzo Catalano è stato suddiviso in 12 frammenti.
Nel frammento 1 è presente sulla facciata del palazzo in corrispondenza di via Roma a sinistra del balcone. Si vede uscire da un arco (molto curato), annesso ad un imponente palazzo, una figura maschile con abito al ginocchio, gorgiera ed un elaborato cappello, dai lineamenti pronunciati, con barba e baffi ed in mano un oggetto. Il palazzo che si lascia alle spalle è caratterizzato da una muratura a bugnato regolare, sulla sinistra si può osservare una grande finestra/balcone con un’inferriata e sulla destra due finestre disposte una sopra l’altra di diverse dimensioni, nella parte inferiore si può notare una parte di cinta muraria anch’essa a bugnato regolare con tre feritoie disposte fra due marcapiani paralleli.
Osservando bene il bassorilievo si è cercato di capire quale fosse il palazzo rappresentato. In passato si ipotizzò che il fabbricato non era altro che la rappresentazione del castello normanno-svevo che era presente a Corato dove oggi sorge palazzo Gioia, a pochi metri dunque da palazzo Catalano, ma la conformazione del fabbricato ad un piano, la posizione delle finestre e la forma dell’arco hanno portato ad una nuova ipotesi, che il palazzo scolpito non sarebbe altro che una rappresentazione stilizzata di palazzo Catalano come era prima della sopraelevazione del secondo piano e della apertura dei balconi.
La forma dell’edificio con due facciate una con margine superiore orizzontale e l’altro col margine inclinato potrebbe essere una rappresentazione stilizzata di palazzo Catalano così come lo si vedrebbe in una prospettiva angolare.
L’arco presente nel bassorilievo è molto simile a quello del portone presente in via La Pergola oppure ad un altro portone che si trova all’interno di un locale sempre in via La Pegola.
Per quanto riguarda la cinta muraria con le feritoie presente nel rilevo, potrebbe trattarsi della rappresentazione di una parte della cinta muraria che in passato assieme alle torri circondavano la città di Corato. Ad oggi della cinta muraria databile intorno al XIV è rimasta sono una piccola parte (4 m) visibile in vicolo Torre Gisotti dove vi è anche una torre cilindrica. Sia sulla torre che sulle mura sono presenti degli spazzi stretti e lunghi, sigillati con della malta cementizia che potrebbero essere proprio delle antiche feritoie a saettiere.
Il frammento 2 è collocato sulla facciata del palazzo su via Roma ma a destra del balcone. Si vede una folta vegetazione di alberi con varie tipologie di foglie tra le quali sono presenti tre uccelli. Sono presenti tre cani da caccia di cui uno sbuca da un cespuglio e punta un coniglio (o lepre) dietro un albero sul cui tronco si arrampica un animaletto, uno e tenuto a guinzaglio e il terzo in corsa insegue un coniglio. La figura maschile con cappello a punta ha nella mano destra il guinzaglio e nella mano sinistra un oggetto che potrebbe assomigliare ad un lungo bastone usato in passato per stanare i conigli dalle loro tane.
Il frammento 3 si trova subito dopo il frammento 2, risulta totalmente abraso ma si possono a mala pena riconoscere nella parte più a destra solo due figure che potrebbero essere assimilate a quello che rimane di un albero e di un animale probabilmente un piccolo cane.
Il frammento 4 è l’ultimo frammento presente ad angolo su via Roma. Sono presenti tre figure maschili, due sulla destra e una sulla sinistra purtroppo coperta dai cavi della corrente elettrica per cui è stato necessario effettuare una foto ravvicinata senza i cavi.
Il centro di questa parte del fregio marcapiano risulta molto interessante data la presenza di una serie di oggetti da lavoro usati soprattutto dai muratori tra cui: la cazzuola, il martello (o bocciarda) e il righello che sono attrezzi usati ancora oggi. Quello meno conosciuto è invece l’archipendolo, non più utilizzato oggi perché sostituito dal livello a bolla o da altri strumenti più moderni.
Nella parte a sinistra del fregio vi è una particolare figura che ha nella mano sinistra una squadra e nella mano destra sia un grande compasso e sia un grande filo a piombo.
Sia la squadra che il compasso sono strumenti usati ancora oggi mentre il filo a piombo o piombino  veniva usato per determinare la direzione verticale rispetto ad un determinato punto.
Nella parte di destra invece sono presenti due figure; quella a sinistra posta di profilo che ha sia nella mano destra che in quella sinistra degli oggetti dalle forme non ben definite (forse un martello ed uno scalpello) mentre la figura sulla destra posta in una posizione frontale non dovrebbe avere nessun oggetto in mano. Tra di loro è presente una struttura che potrebbe essere paragonata ad una colonna inclinata con un capitello e dei mattoni che la sorreggono nella parte inferiore.
La scena a questo punto assume una sua logica descrittiva, rappresentando un’ambiente di lavoro edile in cui tre figure si stanno adoperando con vari attrezzi da lavoro come: l’archipendolo, il compasso, il filo a piombo e la squadra, per il restauro o la posa in opera di una colonna o un pilastro.
Quindi la figura a sinistra potrebbe essere quella più importante in un cantiere edile, un ingegnere o architetto, mentre le due figure a destra potrebbero rappresentare due muratori come il capo mastro e l’aiutante, immancabili per la realizzazione di qualsiasi fabbricato.
Il frammento 5 è il primo frammento appena si gira l’angolo su via La Pergola. E’ presente un’unica figura probabilmente maschile di dimensioni ridotte rispetto alle tre precedenti, presenta un abbigliamento modesto, si possono notare una casacca con maniche corte e un ampio collo, ha nella mano sinistra un libro stretto al petto mentre nella mano destra ha un oggetto dalla forma allungata (un rotolo di carta? o un grande matita?). Forse potrebbe rappresentare la figura di un giovane apprendista (che prende appunti) che insieme all’architetto, il capo mastro e l’aiutante, andrebbe a completare il quadro dei soggetti presenti in un cantiere edile.
Il frammento 6 si trova subito dopo il frammento 4, e come il frammento 3 risulta totalmente abraso, ma si possono a mala pena riconoscere solo tre figure che potrebbero essere quelle di due alberi e quella di un animale, probabilmente di un cane.
Il frammento 7 è collocato a destra del frammento 6 subito doto un tubo in metallo che lo copre. Il rilievo nella parte sinistra che risulta molto abrasa, infatti alcune parti come quella di un albero di un uccello e di un cane risultano mancanti, mentre sono ben visibili altre figure come quella di un altro cane che insegue due conigli e quella di un serpente e una lucertola. Tra gli alberi sono ben evidenti altri due uccelli.
Il frammento 8 è collocato sulla facciata del palazzo su via La Pergola nella pare sinistra al di sotto della finestra. Nella parte centrale si può notare una lacuna causata da un’abrasione  di tipo meccanica. Vi sono rappresentati tre alberi, su due sono visibili dei volatili. Sono presenti tre cani da caccia, di cui uno si trova in posizione eretta per aver puntato un piccolo animaletto che si sta arrampicando su di un albero, mentre la parte anteriore di un altro cane non è visibile a causa della lacuna. Sulla destra è ben visibile un cavallo che doveva essere cavalcato da un cavaliere di cui manca la parte superiore del busto, ma nella parte inferiore ad un’attenta osservazione si può notare ancora la presenza di una gamba, di un piede, di una lunga veste e di un lungo bastone che potrebbe anche essere un archibugio, utilizzato nel XVI secolo non più come arma da guerra ma per la caccia.
Collocato nell’estrema destra è presente un altro cane che sbuca da dietro un albero e che a causa della sua posizione marginale nel rilievo ha subito una certa abrasione sia del muso che delle zampe anteriori.
Nei frammenti 9 e 10 vi sono rappresentati una serie di alberi con al di sopra una varietà di uccelli. Nella parte di sinistra due cani inseguono un coniglio, poi a seguire si vede una volpe che vuol salire sull’albero ed infine due cani che si affrontano, una situazione possibile durante delle batture di caccia soprattutto tra cani maschi. La scena continua poi con un serpentello che spunta da un albero e si orienta verso la figura presente nel frammento 10, un grande uccello dalle ali spiegate molto simile ad una gru, collo lungo leggermente proteso in avanti verso sinistra, si mantiene in piedi con una sola zampa mentre con l’altra zampa, protesa in avanti, sembra reggere un oggetto. L’uccello potrebbe essere stato rappresentato in atteggiamento di spavento vista la presenza del serpente.
Il frammento 11 è collocato sulla facciata del palazzo a sinistra del balcone in via La Pergola. Vi è rappresentata un’ampia varietà di alberi, nella parte sinistra è presente un cane dalle orecchie dritte (molto simile al Cirneco dell’Etna, una razza primitiva di cani  usata per la caccia al coniglio), alle sue spalle vi è un arciere, rappresentato in ginocchio nell’atto di scoccare una freccia, seguito da un’animale selvatico dal lungo collo e dalla testa piccola che potrebbe essere un furetto, un animale che in passato veniva molto utilizzato nella caccia al coniglio. In seguito vi è un altro cacciatore con in mano un archibugio. La scena termina con un uccello sul terreno con il capo ruotato che guarda indietro. Probabilmente prima dell’apertura del balcone la scena aveva un seguito, forse continuava con la figura di un altro cacciatore. La particolarità di questo frammento e che tutta la scena è orientata verso sinistra a differenza degli altri frammenti che sono tutti orientati verso destra.
Il frammento 12 è collocato a destra del balcone di via La Pergola a confine con un’altra casa. E’ costituito a sua volta da due frammenti, in quello a sinistra vi sono rappresentati solo due alberi. Sulla destra vi sono: altri tre  alberi più semplici e spogli rispetto a quelli degli altri frammenti, sul terreno al centro della scena è presente un contenitore molto simile ad una botte in cui sono visibili dei cerchi per stringere le doghe ed una tracolla per il trasporto e una figura umana che stringe con due mani un ascia e la usa per abbattere il ramo sfrondato di un albero.
DUE DIFFERENTI CONTESTI
La Caccia al coniglio con furetto
I frammenti 2, 8, 11 rappresentano chiaramente delle scene di caccia con figure umane sia a piedi che a cavallo che utilizzano bastoni, armi come l’archibugio e l’arco, accompagnati da mute di varie tipologie di cani da caccia e da furetti ammaestrati.
Queste scene sono tutte ambientate in luoghi in cui predomina una folta vegetazione con tanti tipi di alberi che potrebbero essere quelli di una foresta o di una campagna in cui probabilmente vi erano anche degli specchi d’acqua, animata da volatili piccoli e grandi, conigli, rettili e volpi, che predominano soprattutto nei frammenti 7, 9, 10.
Nel medioevo le rappresentazioni delle scene di caccia erano molto diffuse nelle miniature tra cui anche quelle riguardanti la caccia al coniglio o di altri animali selvatici.
La caccia in passato era esercitata solo da nobili aristocratici o persone facoltose che potevano permettersi sia l’utilizzo delle armi che l’addestramento dei cani dei furetti e dei cavalli. Essa diventò un rito importante per i nobili che dimostravano di possedere doti di vigoria fisica, abilità e coraggio indispensabili per quei tempi anche durante i periodi in cui non si combatteva.
Gli animali che venivano cacciati erano il cervo, il cinghiale, gli aironi, le gru, il lupo la volpe, l’orso ed il coniglio che piaceva per la sua imprevedibilità, non certo per le qualità dell’animale.
Quindi l’aver voluto scegliere fra tutte le tipologie di caccia proprio quella del coniglio nel fregio marcapiano di Palazzo Catalano ci suggerisce che l’autore abbia voluto rappresentare quella meno violenta e quindi meno pericolosa che si avvicinava maggiormente al puro piacere ed al divertimento. Probabilmente visto l’accuratezza dei particolari e degli animali utilizzati doveva essere quella che più piaceva praticare allo stesso autore.
Il cantiere edile
I frammenti 1, 4, su via Roma e 5, 12 su via La Pergola non rappresentano sicuramente delle scene di caccia, ma di scene molto vicine a quelle di un cantiere edile in contesti temporali differenti.
Nel frammento 12,  in cui la figura taglia il ramo di un albero con una scure, si potrebbe raffigurare o il momento in cui si abbattono gli alberi in una zona dove si inizieranno i lavori per la costruzione di un edificio, oppure il luogo di approvvigionamento del materiale legnoso per travi o ponteggi indispensabile per l’edificazione di un fabbricato.
Il frammento 4 e 5 invece rappresentano l’inizio dei lavori con la costruzione di una delle colonne portanti del futuro edificio, con la presenza dell’architetto, del muratore e dell’assistente con i vari attrezzi del mestiere ed anche la presenza probabilmente di un piccolo apprendista .
Il frammento 1, infine, sta a raffigurare l’edificio ormai giunto al termine della costruzione in cui il proprietario esce dal portone al termine del lavoro con una roncola in mano che potrebbe essere usata sia per sfrondare gli alberi e sia per tagliare i rami dei cespugli durante la caccia al coniglio.
Dal medioevo all’età moderna sono molte le rappresentazioni di cantieri edili per la costruzione di cattedrali, castelli, palazzi e mura di difesa, in cui è possibile notare la presenza di vari operai guidati da un architetto. Infatti il ruolo fondamentale e nuovo all’interno del cantiere è quello dell’architetto da non intendersi in senso moderno.
Le fonti dell’epoca lo indicano con il termine generico di faber, magister, aedificator, fabricator, caput magister. La sua figura viene identificata con quella del costruttore o dell’abile capomastro nel quale l’attività manuale si fonde con quella teorico-progettuale.
 CONCLUSIONI
Dalle ricostruzioni effettuate sulle immagini fotografiche delle scene del fregio marcapiano di palazzo Catalano, si sono potuti individuare dei nuovi particolari utili per lo studio del fregio e della storia del proprietario.
Un particolare molto importante riguarda l’orientamento della figure, infatti osservando bene l’andamento di tutto il fregio marcapiano sembrerebbe che tutte le figure sia quelle su via Roma che quelle su via La Pergola, tranne per le scene statiche, siano orientate e convergenti verso la rappresentazione della gru.
Questo orientamento potrebbe spiegare la funzione del rilievo marcapiano voluta dal “magister faber Antonius Catalanus rarus in arte faber” e cioè, in primo luogo una funzione decorativa, imitando le scene di caccia delle miniature medievali e poi una funzione narrativa, descrivendo uno spaccato di vita quotidiana, legata sia alla sua professione e sia a quella del un suo passatempo preferito cioè quello della caccia al coniglio. Forse durante una tranquilla giornata immerso nella folta foresta tra uccelli e animali selvatici, avvenne qualcosa di inconsueto, l’avvistamento di un grande uccello molto bello ed imponente, come poteva essere appunto una gru, dal forte simbolismo, tanto da rimanerne affascinato fino al punto di rappresentarlo nel rilievo.
Il “magister faber Antonius Catalanus rarus in arte faber”, costruttore e proprietario del palazzo, nel realizzare il fregio marcapiano ha rappresentato: un cantiere edile, un architetto (con in mano la squadra, il compasso ed il filo a piombo), un martello, una cazzuola e una riga, tutti attrezzi che facevano parte di quell’antica simbologia utilizzata dai costruttori per molti secoli, tenuta segreta e conosciuta solo da chi ne facesse parte. Pertanto il Catalanus a rigor di logica doveva essere un architetto-capomastro facente parte di una corporazione di antichi muratori che, come da tradizione, si tramandavano di maestro in maestro tutte le loro conoscenze e segreti per la costruzione di edifici sacri e non.
Ulteriori approfondimenti al seguente link:

https://www.academia.edu/36622024/Gli_antichi_muratori_tra_le_scene_di_caccia_nel_fregio_marcapiano_del_XVI_secolo_di_palazzo_Catalano_a_Corato_The_ancien_masons_among_the_hunting_scenes_in_the_XVI_century_string_course_frieze_of_Catalano_palace_in_Corato